Covid-19 e corruzione nel sistema sanitario. L’intervista ad Alberto Vannucci

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del Covid-19, il sistema sanitario italiano è stato al centro dell’interesse mediatico. L’attenzione di tutti si è concentrata sulla gestione in crisi dei reparti di pronto soccorso e sui numeri insufficienti di posti in terapia intensiva.

Ma ci sono anche altri tipi di rischi: tra questi, quello che riguarda la corruzione nel sistema sanitario, che in questa fase critica rischia di rafforzarsi maggiormente. Tra cattiva amministrazione, infiltrazione delle mafie e gravi conseguenze sociali ed economiche.
Abusi, scorretto uso di risorse, cattivo potere di spesa e truffe sono tutti fenomeni corruttivi che hanno forti ricadute sulla qualità dei servizi socio-sanitari offerte dalle aziende sanitarie locali.

Ne abbiamo parlato nel nuovo podcast di Sentiti Libera, il progetto a cura di Q Code Mag e Libera Bologna, con la voce di Alberto Vannucci, direttore del Master in Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione, intervistato da Lorenzo Pirozzi. Il podcast lo potete ascoltare a questo link o su Spotify, Apple Podcast, Google Podcast. 
Ma è un tema che approfondiamo anche in forma scritta in questo approfondimento, in cui riportiamo l’intervista completa ad Alberto Vannucci.

 

La sottovalutazione del fenomeno ‘corruzione’

In Italia spesso sembra che la corruzione sia un fenomeno sottovalutato: in molti casi si è a conoscenza di fenomeni corruttivi ma non vengono percepiti come pericolosi. Perché? E come si può agire su questo livello?

La percezione del fenomeno della corruzione in Italia è ondivago: è un fenomeno che emerge e di cui ci si preoccupa solo in occasione di scandali o di inchieste giudiziarie che coinvolgono figure pubbliche di un certo rilievo. La corruzione è un fenomeno capace di svilupparsi meglio sotto traccia, in modo occulto, nascosto. La sua pericolosità è tanto maggiore quanto meno se ne parla, quanto meno c’è evidenza all’interno dei processi politici e amministrativi. La preoccupazione maggiore dovrebbe rivolgersi a quegli episodi di corruzione che si manifestano in forme talmente sofisticate da non essere più perseguibili come tali e capaci, quindi, di rendersi impermeabili, non soltanto all’azione di repressione da parte dell’apparato giudiziario, ma anche dalla percezione del pubblico: questa forma di corruzione è talmente sofisticata da trasformarsi e farsi impenetrabile rispetto agli strumenti di prevenzione e di contrasto. Sono almeno due le modalità tramite cui queste forme di corruzione possono manifestarsi:

  • Affinamento delle tecniche sempre più sofisticate con cui la corruzione viene praticata. Se il codice penale si immagina uno scambio riconoscibile tra qualcosa che riguarda l’esercizio della funzione pubblica – un atto contrario ai doveri d’ufficio e una ‘tangente’ – questo tipo di scambio che rimane immutato nella sua natura assume talvolta – sempre più spesso, visto che i corruttori hanno imparato il mestiere – forme talmente sofisticate o indirette, abilmente nascoste o dissimulate, da non essere o da essere sempre più difficilmente riconoscibili come tali. Quindi se, ad esempio, non c’è più la bustarella buttata sul tavolo, ma ci sono una serie di favori distribuiti nel tempo, diventa sempre più difficile riconoscere quella pratica come violazione del codice penale.
  • Non c’è più bisogno di corrompere, quando le stesse regole dello Stato vengono piegate agli interessi dei corrotti o dei corruttori. È necessario, quindi, andare oltre le categorie del codice penale e ammettere che la corruzione è anche un abuso di potere pubblico, di potere delegato dei nostri amministratori, per fini privati, come è scritto nel Piano nazionale anticorruzione. Questo abuso non sempre si compie attraverso violazioni del codice penale. Se c’è la capacità dei corrotti e dei corruttori di piegare le leggi e le regole ai propri interessi privati e particolaristici, non c’è più bisogno di violare quelle regole, perché le regole sono corrotte. Se vogliamo pensare, ad esempio, alla progressiva estensione del gioco d’azzardo, ai rapporti opachi tra le grandi concessionarie e certi portatori di interessi politici o all’universo delle concessionarie autostradali o altri tipi di rapporti e di relazioni, non possiamo rilevare la corruzione, anche se molte delle relazioni appaiono come un vero e proprio tradimento dell’interesse collettivo, dell’interesse pubblico.
    Su questo livello, non basta affinare gli strumenti legislativi, le capacità di indagine e di inchiesta dei magistrati, occorre affinare la capacità dell’opinione pubblica e dei cittadini di riconoscere gli abusi di potere. C’è da investire molto, in questo ambito, nel rianimare un senso di comunità e di cittadinanza attiva e nell’educazione e istruzione pubblica. La politica anticorruzione più efficace è quella che porta i cittadini ad essere meglio capaci di riconoscere questi abusi di potere.  

    Covid-19 e il rapporto tra corruzione e sistema sanitario

“Anche le tangenti hanno i loro effetti sui malati”, lo ha dichiarato all’inizio dell’emergenza Covid19: in che modo? In un momento di crisi come quello attuale c’è il rischio di un aumento della corruzione? Su questo, qual è in particolare la situazione del settore sanitario?

In questa fase ci sono vari rischi legati al cattivo utilizzo delle risorse, alle distorsioni, agli abusi e agli episodi, che già alcune inchieste hanno evidenziato, di un cattivo utilizzo del potere di spesa, di vere e proprie truffe e qualche piccolo episodio di corruzione.

Tutte le ricerche e tutti gli studi mostrano che tra i tanti effetti negativi della corruzione c’è anche quello di una ricaduta in termini di deterioramento della qualità dei servizi di cura e di assistenza sanitaria che lo stato fornisce ai propri cittadini, nei sistemi in cui la sanità è pubblica. I sistemi in cui prevale un modello privatistico non sono immuni dalla corruzione, ma in quel caso le forme di corruzione, che possono produrre esattamente gli stessi effetti di degrado della qualità dei servizi, sono forme di corruzione privata. 

In Italia noi abbiamo un sistema che è prevalentemente pubblico, anche se alcune regioni hanno delegato parte della sanità a soggetti privati: sono quelle che, forse non per caso, hanno retto peggio l’impatto del sovraccarico di domande dell’emergenza sanitaria. La Lombardia in particolare è quella che ha maggiormente utilizzato questo modello in cui il pubblico finanzia e sovvenziona i privati in maniera cospicua: oltre la metà del budget sanitario della Lombardia va a strutture convenzionate, in cui le regioni esercitano la funzione di certificatrice: sostanzialmente sono ‘bancomat’ a cui attingere per prelevare risorse che poi vengono utilizzate dai soggetti privati per offrire servizi. 

Questo è un modello particolarmente vulnerabile alla corruzione e produce una serie di distorsioni nei processi decisionali che lo rendono anche vulnerabile a forme di cattiva gestione, di mala administration, anch’essa collegata ai fenomeni di corruzione: la cattiva amministrazione e la cattiva gestione delle risorse pubbliche, specie in un settore cruciale come quello sanitario, sono il brodo di coltura della corruzione. La pubblica amministrazione che eroga in modo efficiente i propri servizi, che ha sistemi di controllo della qualità, che è responsabile delle proprie scelte, è un’amministrazione nella quale i fenomeni di corruzione non trovano terreno fertile per svilupparsi.
Se il modello sanitario lombardo, che è un modello che può contare su grandi disponibilità di risorse e sicuramente in alcune strutture è d’avanguardia e presenta livelli di eccellenza, nel suo complesso ha dimostrato anche delle pesanti tare che si riflettono anche in altri meccanismi di corruzione: quelli che si collegano, ad esempio, alla selezione del personale, che, come dimostrano diverse inchieste, ha visto prevalere i criteri di selezione su base clientelare e di prevalenza, politica, partitica o associativa – basti pensare all’influenza che ha avuto Comunione e Liberazione nelle nomine della dirigenza amministrativa anche nel settore sanitario – che hanno penalizzato e mortificato il merito. 

Quello che possiamo fare è semplicemente imparare la lezione. Questa emergenza sanitaria globale in qualche modo pone, in una situazione di crisi, una sorta di prova generale di capacità di resistenza a queste condizioni straordinarie per tutti i sistemi regionali di assistenza sanitaria, che sono molto variegati e differenziati. Avremo più avanti altri elementi di valutazione della loro capacità di affrontare questa crisi. Dovremo aumentare la capacità di limitare gli effetti della corruzione che, in questo caso, fanno incidere su un diritto fondamentale, cioè quello alla salute e alla vita dei cittadini. La sfida che ci aspetta è quella di imparare e correggere le storture dei nostri sistemi. 

I costi della corruzione nel sistema sanitario

Tutte le stime che circolano sui costi della corruzione, i numeri talvolta iperbolici che vengono fatti, spesso sono cifre senza fondamento, come dimostriamo nel lavoro fatto con l’economista Lucio Picci nel libro “Lo zen e l’arte della lotta alla corruzione”. Per definizione la corruzione è un fenomeno che si ritrae nell’ombra, è un fenomeno occulto: non possiamo quindi conoscere e quantificarne il costo economico. Possiamo solamente dare un’idea dell’ordine di grandezza: noi sappiamo per certo che la corruzione nel sistema sanitario comporta uno spreco di risorse nell’ordine di diversi miliardi di euro. La Corte dei Conti calcola che un appalto con tangente costa il 40% in più rispetto a un appalto senza tangente: la sanità investe come spese circa il 60-70% del budget di tutte le regioni e, quindi, l’ordine di grandezza è quello di miliardi di euro di soldi pubblici che vengono semplicemente sprecati a causa della corruzione. Non sappiamo quanti sono i soldi, di sicuro sono troppi, perché sono soldi che vengono sottratti alla qualità e alla capacità di erogare servizi essenziali.
La nostra impossibilità di calcolare con esattezza il costo della corruzione in sanità si deve accompagnare alla consapevolezza che i costi veri della corruzione in generale e nello specifico nel settore sanitario, sono costi non monetari, non monetizzabili, non quantificabili. Sono costi che investono altri profili, altrettanto se non più rilevanti. La corruzione pone una distorsione degli incentivi, dei conflitti d’interesse dei soggetti che ne sono protagonisti: quando entra in gioco una dinamica corruttiva, chi ne è protagonista – i decisori pubblici, i primari o i direttori sanitari – orientano le proprie scelte in base alle aspettative di profitto occulto e illecito e non in base alla cura degli interessi collettivi che sono stati loro affidati. Quello che queste inchieste ci raccontano è che in questi casi a volte si comprano, ad esempio, forniture di prodotti essenziali per la vita e la sopravvivenza – come valvole cardiache, in un’inchiesta giudiziaria torinese – che sono difettose e che comportano la perdita della vita delle persone in cui sono state impiantate quelle forniture. Il vero costo della corruzione nel settore sanitario non è quantificabile, è un degrado complessivo della qualità dei servizi e quando, specialmente in una fase emergenziale come quella legata alla pandemia da Covid-19, la vita di molti dipende da quei servizi e quando anche l’organizzazione complessiva del sistema sanitario riflette certe aspettative di profitto occulto e illecito o altri tipi di vantaggi come quelli che hanno orientato questa sorta di ‘generosità’ a soggetti all’interno della sanità lombarda, tutto questo poi presenta un conto drammatico in termini di perdita di vite umane. E questo non è un costo monetario che si possa quantificare. 

Il ruolo delle mafie nella corruzione

Gli attori mafiosi, capaci di portare ingenti flussi di liquidità in un sistema economico e imprenditoriale in grave crisi, ne approfitteranno per allargare la propria sfera di affari e per entrare nei circuiti dell’economia legale, attraverso finanziamenti, acquisizioni e quant’altro. Nel momento in cui le organizzazioni mafiose entrano all’interno dei circuiti economici tradizionali, nel momento in cui queste attività imprenditoriali interessano anche la pubblica amministrazione, perché si fanno erogatrici di servizi e forniture e quindi vanno incontro alla domanda che viene formulata dalla pubblica amministrazione, ci possiamo aspettare che i mafiosi utilizzino strategie che vedano sempre meno il ricorso a forme di intimidazione e sempre più alla corruzione. Questa è una costante osservata negli ultimi anni e decenni: un sempre più limitato ricorso a forme violente di intimidazione e minaccia, con una forza intimidatrice che rimane sullo sfondo e si accompagna all’utilizzo della corruzione: i mafiosi hanno la disponibilità di risorse e la capacità e la spregiudicatezza per corrompere. Dopo che questi circuiti di scambio occulto e corrotto sono stati consolidati, gli interlocutori dei mafiosi nella politica e nelle istituzioni, nell’imprenditoria e nelle professioni, sono soggetti che rimangono sotto scacco perché sono permanentemente ricattabili. Nel lungo periodo questo tipo di contaminazione della politica e dell’imprenditoria nell’economia legale da parte di soggetti mafiosi produce degli effetti tossici e alimenta dei meccanismi che vedono privilegiare forme di imprenditoria parassitaria, in cui non sono la qualità dell’offerta né la capacità di innovazione il criterio vincente, ma sono altri i criteri: l’accesso a forme di finanziamento irregolare, il riciclaggio di capitali, l’utilizzo di manodopera in nero. Tutto questo alimenta forme di imprenditorialità marginale che sopravvive solamente grazie alla corruzione, con un decadimento complessivo non soltanto della qualità dei servizi che la pubblica amministrazione offre ai propri cittadini, ma più in generale una perdita di competitività del sistema produttivo a livello complessivo e quindi una perdita di ricchezza. Il fatto che l’Italia sia ormai da diversi anni in coda a tutte le classifiche sulla crescita economica, sulla competitività delle proprie imprese, riflette dinamiche di questo tipo, che già esiste a causa della diffusione anomala in Italia dei fenomeni corruttivi, ma la mafia è un potente agente patogeno che alimenta questi circuiti parassitari e quindi non fa altro che alimentare anche queste dinamiche che portano a una complessiva perdita di capacità produttiva e di ricchezza nel nostro Paese. 

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